La burocrazia è il principale nemico delle persone fragili, perché è sorda (e quindi non sente il lamento di chi ha poca voce), è miope (e quindi non capisce le complessità della vita), è autocentrica (e quindi non capisce che il mondo reale ha tanti centri), è egoista (e quindi non capisce che la vita degli altri ha spesso bisogno di un pizzico di generosità), è ignorante (e quindi non capisce che le risposte ai problemi possono essere multiple), è conservatrice (e quindi non capisce che le persone fragili hanno bisogno dell’innovazione tecnologica, procedurale… umana).
Non sono un sociologo nè un esperto di procedure amministrative e quindi mi astengo dal dare giudizi, però come cittadino mi permetto di esprimere un’opinione assolutamente negativa sull’attuale situazione.
Mi limito a osservare la situazione del singolo cittadino e i suoi problemi; la politica non ha il coraggio di incidere in una situazione profondamente incarnata nei ministeri, nei comuni, nelle regioni, negli enti statali e parastatali. Il mondo cambia, le esigenze dei cittadini cambiano sul piano di realtà e su quello psicologico; la burocrazia, invece, non cambia, perché nessuno la induce su questa strada. Penso, invece, a come le autorità si sono impegnate per ridurre il ruolo della burocrazia nella realizzazione dei progetti finanziati con il PNRR; ma l’alta velocità ferroviaria per la politica pesa molto di più rispetto alla vita delle persone fragili e così l’una viene liberata da lacci e lacciuoli, la seconda invece resta ancora affogata nella carta bollata (anche quando questa si presenta, sotto mentite spoglie, come strumento di tecnologia avanzata, spesso ingestibile da parte del singolo cittadino).
Sono molto curioso, e lo dico senza polemica, di conoscere come nei prossimi mesi verranno spesi i 9 miliardi di euro destinati alla medicina territoriali, nell’ambito del PNRR. E’ un impresa molto più articolata rispetto a costruire nuovi tracciati ferroviari e quindi destinata a sicuro fallimento se non si provvede in tempo a costruire uno scenario protettivo, perché sono coinvolti aspetti architettonici, tecnologici, di formazione del personale, la costruzione di reti, la stesura di linee guida, ecc. Per ognuno di questi settori sorgeranno mille ostacoli, se il governo (e il parlamento) non provvederanno in tempi brevissimi a togliere le barriere che fanno perdere tempo (una variabile, quella del tempo, particolarmente delicata, perché entro il 2026 ogni progetto dovrà essere messo a punto in ogni aspetto, per diventare strutturale nei vari campi che lo riguardano).
Il mio timore è però che chi dovrebbe correggere l’impianto burocratico di molti settori della vita sociale non abbia il tempo per pensare e per dedicarsi a questa riforma, superando la resistenza di molti attori.
La riforma dovrebbe partire dal basso, se veramente chi vi opera fosse convinto dell’utilità sociale del proprio lavoro; invece, purtroppo, inizia proprio tra gli addetti alla burocrazia la resistenza corporativa al cambiamento, con l’appoggio di sindacati veri o fasulli. Così la vita dei cittadini più fragili resta zavorrata dai limiti imposti dalla burocrazia. Perché sono proprio i più fragili quelli che non hanno altri mezzi alternativi per raggiungere i loro obiettivi; chi ha denaro, conoscenze, cultura trova sempre percorsi alternativi per arrivare presto alla meta. I poveri no!
La burocrazia diviene così un grave strumento di ingiustizia; difende un mondo astratto, lontano dalla realtà, popolato da fantasmi slegati dalla vita. Mentre chi è fragile vive nella dura realtà e ha bisogno in molte tappe della sua esistenza del supporto del sistema pubblico. Sperando che sia quello buono di uno stato sociale (non è una sigla, ma una vocazione!) e non quello occhiuto e inconcludente della burocrazia.