Autore: CUPLA

La Pandemia ci ha rubato un anno della nostra età

VACCINARSI È UN “DOVERE MORALE” NEI CONFRONTI DI TUTTA LA COMUNITÀ

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Il CUPLA (Coordinamento Unitario Pensionati Lavoro Autonomo) dell’E.R. già nei mesi scorsi aveva preso posizione rispetto all’aumento dei contagi nelle strutture, pubbliche e private che ospitano anziani, quali le RSA, Case di riposo ed anche Case famiglia, ed aveva auspicato il rigoroso controllo delle strutture stesse sia per quanto riguarda il rispetto delle norme di sicurezza che ambientali.

 

Successivamente abbiamo auspicato la predisposizione dei piani vaccinali anti Covid-19, a partire proprio dalle persone più fragili e con diverse patologie.

La Regione si è detta concorde in questo senso ed abbiamo espresso soddisfazione per averne constatato l’impegno concreto e soprattutto per la continuità di proposte e di soluzioni che ogni giorno le ASL stanno portando avanti per il rispetto rigoroso del Piano vaccinale approvato a metà Febbraio dalla nostra Regione.

 

Ora però siamo di fronte ad una criticità che deve essere, nei modi possibili, rapidamente affrontata e risolta. E’ il contagio da Covid-19 che sta ritornando in alcune strutture della nostra Regione, e che pare sia legato agli operatori socio-sanitari delle stesse. Sappiamo bene che non è mai stato sancito l’obbligo di vaccinarsi da parte del personale impegnato in quelle strutture, questo però non può impedire al CUPLA di prendere una posizione chiara e precisa, nei confronti di queste gravi situazioni. Non proponiamo che diventi obbligatoria la vaccinazione per chi non la vuole, né che siano presi provvedimenti nei confronti degli operatori che non vi si sottopongono. Non spetta a noi.

Ma di certo spetta anche al CUPLA Regionale denunciare le conseguenze, gravi quanto inaccettabili, che si stanno verificando nelle strutture in cui alcuni operatori, che hanno rifiutato di sottoporsi al vaccino contro il Coronavirus, hanno determinato il contagio di un numero significativo di ospiti delle strutture stesse.

 

Noi pensiamo che anche le OO.SS. CGIL-CISL-UIL dovrebbero attivarsi, sensibilizzare e invitare tutti gli operatori socio-sanitari al “dovere morale” richiamato dal Papa e dal Presidente Mattarella, di vaccinarsi a protezione non solo di sé stessi, ma di tutte le persone che sono affidate alla loro assistenza o anche soltanto al loro lavoro.

Il Coordinamento CUPLA Emilia Romagna

 

Pane e Internet

Momenti di istruzione all’utilizzazione degli SMARTPHONE e di INTERNET

CulturaNewsTempo Libero

Riteniamo utile informare i nostri pensionati di una lodevole iniziativa della Regione Emilia Romagna che attraverso la televisione propone, in questa fase di confinamento, momenti di istruzione all'utilizzazione degli SMARTPHONE e di INTERNET.

 

Pane e Internet, video-lezioni contro il divario digitale

Pane e Internet, progetto finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito dell’Agenda Digitale Regionale, cerca di favorire lo sviluppo delle competenze digitali dei cittadini. Pertanto, vista l’attuale emergenza sanitaria, Pane e Internet è approdato su Lepida Tv (canale 118 del Digitale Terrestre) per continuare a combattere il divario digitale.

 

Qui vengono trasmesse il lunedì e mercoledì alle ore 11 (e in replica alle 16) 10 video-lezioni di 15 minuti l’una
Sono fruibili anche sul sito di Lepida Tv e sul canale YouTube di Lepida.

 

Le video-lezioni cercano di insegnare le competenze digitali di base a chi ne è sprovvisto o usa poco Internet, computer e smartphone. Due esperti di comunicazione digitale e media spiegano come creare un account di posta elettronica, configurare uno smartphone, navigare e ricercare informazioni su Internet, proteggere i dati sensibili, difendersi da malware e riconoscere le fake news.

 

Sono diversi gli argomenti trattati: si va dalla ricerca di informazioni online al tema dell’e-commerce, con esempi di siti su cui fare acquisti e consigli per ricercare le recensioni e le opinioni dei clienti.

 

Le lezioni sono poi dedicate alle logiche di funzionamento dei principali social media e alle attività per connettersi a Internet. Tra i temi trattati, lo Spid (il Sistema Pubblico di Identità Digitale) e i servizi online della Pubblica Amministrazione e come usare WhatsApp e le altre App di messaggistica.

 

A questa offerta si aggiungono una serie di seminari online di cultura digitale, utili per sapersi “muovere” agevolmente sulla rete.

 

La Pandemia ci ha rubato un anno della nostra età

L’ETÀ RUBATA

News

Pensiamo, e ci auguriamo, che il 2020, l’anno della Pandemia, resti solo un ricordo da non dimenticare, e che i primi mesi del 2021 siano come l’ultimo tornante di una grande salita e, dopo, la strada si spiani per poterci permettere di respirare.

 

Quello trascorso è un sospeso tra passato e futuro, per questo abbiamo chiamato tale riflessione “L’ETÀ RUBATA”, a noi anziani certo, ma anche a tutte le altre generazioni, nessuno escluso, la Pandemia ci ha rubato un anno della nostra età.

Dopo che nelle scorse settimane, con molto rammarico, abbiamo assistito a spettacoli della politica poco edificanti, ora, però, il Parlamento ha dato la fiducia al nuovo Governo e speriamo sia arrivato il tempo del lavoro, dei provvedimenti indispensabili al nostro vivere comune, con il contributo positivo di tutti.

 

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel suo discorso al Parlamento ha indicato che conta la qualità delle decisioni, il coraggio delle visioni, non contano i giorni di permanenza, ed il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo.

Bene, non abbiamo bisogno di sprecare ancora tempo, ma dobbiamo avere la coesione, la forza morale, l’impegno, l’umiltà, di dedicarci alla ricostruzione del nostro paese, ed ognuno rinunci a qualcosa per il bene comune.

 

Eravamo convinti prima, ed i fatti sono a dimostrarlo, che tutta la politica, senza grossi distinguo, ha accettato le proposte ed il cammino indicati dal Presidente Draghi:  cammino del quale con piacere prendiamo atto, e che si deve manifestare con una collaborazione costruttiva, cercando di evitare contrapposizioni radicali.

 

Abbiamo bisogno di un paese capace di accettare culture diverse, colore, carattere e condizione sociale, ma che deve essere pragmatico e veloce nel programmare tutto quanto necessario per uscire in modo definitivo da questo periodo molto buio e preoccupante.

 

Tutti, nessuno escluso, hanno sofferto e soffrono ancora, ma ci auguriamo che il periodo dell’età rubata, finisca presto, con indicazioni che devono essere proiettate  al futuro e non solo per l’oggi.

 

E’ necessario sviluppare i progetti, fare pochi tavoli di confronto finalizzati sul fare che il nuovo Presidente del Consiglio ha indicato come comportamento ai componenti del Governo e a tutti i livelli.

Speriamo diventi una delle priorità, nel programma del Presidente Draghi, un tema che ci sta molto a cuore “IL RIDIMENSIONAMENTO DELLA BUROCRAZIA”; il nostro è un paese che necessita urgentemente di un profondo rinnovamento e di provvedimenti che veramente comincino a ridurre le lungaggini che essa determina.

Ma è anche giunto il momento, di evidenziare i temi, le loro criticità, che nel tessuto sociale della nostra provincia, hanno bisogno di analisi, di risposte urgenti e di programmi.

 

E’ nostro dovere vaccinarci al più presto per la responsabilità che abbiamo di proteggerci e proteggere gli altri, quindi diciamo “SI” senza esitazione alla vaccinazione per tutti indistintamente.

Il CUPLA è pronto e disponibile

ad incontrare i nostri interlocutori istituzionali su alcuni temi che riteniamo rilevanti in questa fase, senza escluderne altri:

  • Centri sociali, occorre riaprirli, certo in sicurezza, ma occorre ridare socialità, in particolare alle persone sole.

  • RSA, Case di Riposo, ecc.., c’è bisogno di rivedere la loro funzionalità, rimodularle con nuovi criteri, sia le esistenti, sia i progetti in corso d’opera.

  • Medicina di base, è necessario rivedere la logistica, la presenza, come fare l’assistenza di primo approccio, per evitare gli ingorghi dei pronto soccorso.

  • Infermiere di comunità, indispensabile nel contesto della Provincia, nelle zone più disagiate, ma sul progetto occorre la continuità, per il dopo Covid in primis.

  • Ambiente, è richiesto l’impegno di tutti per il clima ecc..; è in corso un progetto per rendere più green la ns città, LIFECITYADAP3, vorremmo essere partecipi, la nostra generazione è quella che più vive il contesto urbano della città e dei paesi.

Luigi Davoli
Presidente

 Giuliano Parmiggiani
 Coordinatore

 

Case di riposo - Comunità

CASE RESIDENZA E POLITICHE PER GLI ANZIANI

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Intervista per CUPLA di Raffaele Leoni,
presidente di ASP “Reggio Emilia Città delle Persone”

 

ASP Reggio Emilia

 

Il Ministro della Salute Roberto Speranza ha istituito una commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, presieduta da Mons. Vincenzo Paglia, col compito di aiutare le istituzioni ad indagare il fenomeno e a proporre le necessarie ipotesi di riforma. Il Sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, anche in qualità di delegato di ANCI per il welfare, ha sottolineato come le strutture sia private che pubbliche che si occupano degli anziani abbiano palesato una difficoltà nell’affrontare l’emergenza sanitaria della pandemia, anche se va riconosciuto che si è trattata di una esperienza nuova per tutti. Come affronta questa sfida l’ASP “Reggio Emilia Città delle persone”?

 

Siamo consapevoli che la realtà e la gestione dei servizi aziendali, a seguito dell’emergenza Coronavirus, è già cambiata e che potrebbe significativamente cambiare per il futuro. Specie per i servizi residenziali per anziani e disabili è aperto un confronto a livello nazionale e locale sulle ipotesi di riforma di tali servizi. Non possiamo ancora dire con certezza come ciò avverrà, con quali scenari e con quali modalità di erogazione dei servizi, sia in termini di dimensione e capacità di accoglienza delle strutture, oppure con quali parametri di personale, di attività svolte e di standard strutturali. Certamente saranno rafforzate le misure di prevenzione e sicurezza, saranno oggetto di modifica le norme sull’autorizzazione al funzionamento (specie per le strutture residenziali non accreditate, quali le Case di Riposo) e quelle sull’accreditamento: questo ci chiamerà a nuove e ulteriori sfide da affrontare. In questo dibattito anche noi cercheremo di portare il nostro contributo affinché insieme a nuovi standard di qualità, sicurezza e tutela della salute degli ospiti e dei lavoratori, non vengano snaturate la funzione sociale e specifica che questi servizi hanno sempre avuto, come luoghi non solo di istituzionalizzazione delle persone fragili ma di cura, riabilitazione, animazione e socializzazione, in un ambiente il più possibile familiare e ricco di stimoli per prevenire e contrastare la cronicità e mantenere o rafforzare le abilità fisiche e cognitive dei nostri ospiti. Sarà l’occasione anche per far comprendere come siano cambiati in questi ultimi 10 anni (da quando furono emanate le norme sull’accreditamento), le condizioni dei nostri ospiti, specialmente nei servizi per anziani - residenziali e diurni - e le loro condizioni di salute, con la crescita dell’età media, la presenza di pluripatologie sanitarie, la crescita della demenza e la difficoltà delle famiglie di poter accudire tali persone a domicilio. Sicuramente dovrà essere rafforzata in primo luogo l’integrazione socio sanitaria che - nella cultura e nel sapere professionale della nostra azienda è stata storicamente perseguita come valore fondamentale, sin dai tempi della nascita delle case residenza. Da alcuni anni le ASP chiedevano un cambiamento delle regole regionali con un rafforzamento del ruolo e delle ore di presenza dei medici, contrattualizzati dall’azienda, acquisendo competenze specialistiche e multidisciplinari (non solo medici di medicina generale ma geriatri, con competenze sulla demenza o sulla riabilitazione, pneumologi, etc.) , e sostenevano la necessità di un incremento dei parametri regionali di dotazione infermieristica assicurandone la presenza anche notturna. (che oggi ci è consentita in un solo nucleo/reparto sui 16 che gestiamo). Inoltre sono emerse tutte le lacune delle norme vigenti in materia di integrazione socio sanitaria. Si pensi al fatto che per una struttura come la Casa di Riposo le norme sull’autorizzazione al funzionamento non prevedono la presenza di un medico di struttura, per cui in una prima fase della pandemia, la cura degli ospiti era affidata a 32 medici di famiglia, la stragrande maggioranza dei quali nemmeno entravano in struttura; la decisione presa di intesa con l’AUSL di prevedere, a fine marzo, un medico di struttura come in CRA, ha consentito di impostare terapie adeguate, garantire un monitoraggio continuo e frenare il contagio. Le CRA non dovranno diventare strutture sanitarie o di lungodegenza, o reparti di malattie infettive, proprio perché sono nate per evitare o prevenire degenze ospedaliere, ma sicuramente dovranno vedere rafforzata questa integrazione. La questione principale che è emersa riguarda il fatto che i servizi da noi gestiti non sono per loro natura servizi sanitari ma socio sanitari o socio educativi. E sono state messe in capo al Direttore o ai nostri dirigenti e responsabili, dai vari DPCM e ordinanze, responsabilità di natura sanitaria che mal si conciliano col loro ruolo e le loro competenze. Vi è poi un problema strutturale. Da quasi vent’anni la Regione non promuove alcun programma per il finanziamento in conto capitale di adeguamenti ed innovazioni delle strutture residenziali e semiresidenziali del sistema delle CRA e dei CD: una lacuna insostenibile per una Regione che da sempre ha fatto dell’integrazione socio-sanitaria il perno delle proprie politiche di welfare. L’emergenza covid-19 ha evidenziato (si pensi alle rigide suddivisioni resesi necessarie tra Zone Rosse e Zone Bianche) la sostanziale inadeguatezza di molte CRA, nelle quali è risultato difficilissimo definire modularità ed allocazione degli spazi che consentisse di separare tra loro gli anziani nelle varie fasi del giorno in modo da garantire il distanziamento sociale (spazi refettori, sale animazioni, sale soggiorno). Allo stesso tempo si rende necessaria una inedita infrastrutturazione informatica per la nuova rete dei servizi domiciliari, residenziali, semiresidenziali che ricomprenda le ASP, così come lo sono stati i Comuni e le Unioni di Comuni di finanziamenti per dotazioni informatiche per lo Smart Working, nonché per il cablaggio delle strutture. In definitiva, come ha detto Luca Vecchi, a fronte dell’innalzamento della durata della vita, all’invecchiamento della popolazione e alla non autosufficienza, la direzione da seguire è quella della riforma delle Rsa e delle Case Residenza Anziani, e non del loro smantellamento. Soprattutto per quanto concerne i servizi residenziali rivolti a persone non autosufficienti è necessario creare contesti di familiarità e convivialità che mettano al centro la persona, la sua famiglia e le relazioni tra il servizio e il contesto esterno.

 

A proposito di integrazione socio sanitaria, come sono stati i rapporti con la Azienda Sanitaria Locale?

A Reggio Emilia assolutamente soddisfacenti. Ne ho voluto, in varie occasioni, darne atto anche pubblicamente. Ha esercitato una funzione di guida e affiancamento e ha sempre avuto una grande sensibilità verso il comparto socio sanitario. L’esperienza reggiana ha quindi avuto, dopo le difficoltà iniziale, il pregio di aver visto rafforzare la componente, le prestazioni e l’integrazione sanitaria. Possiamo affermare senza alcun dubbio che un livello di collaborazione e sostegno simile non ha avuto eguali nel resto del territorio regionale. L’esperienza reggiana può quindi essere additata ed assunta come una buona pratica in tutto il territorio regionale e presa a riferimento da chiunque voglia cimentarsi nel ridisegnare il futuro dei servizi socio sanitari. Sarà difficile non ripartire da qui e dalle buone pratiche che a Reggio Emilia più che altrove, grazie alla collaborazione con l’AUSL, sono state messe in campo in questi mesi, per disegnare una riforma dei servizi. Con le task force, con le USCA, con il supporto consulenziale e, quando ve ne è stato bisogno, con il comando di proprio personale, specie di quello infermieristico così difficile da reperire sul mercato, viste le assunzioni e il reclutamento di tali figure dal sistema sanitario, l’AUSL ha saputo sostenerci nel mettere in campo le risposte più adeguate alla pandemia. Resterà importante dare seguito allo studio comune, avviato prima della pandemia, di soluzioni per limitare i ricoveri in Pronto Soccorso, per verificarne l’appropriatezza e per valutare i costi/benefici della istituzione di una guardia medica notturna e festiva dedicata per le strutture socio sanitarie.

 

Come hanno vissuto gli anziani vostri ospiti questi mesi di pandemia?

Non nascondo che è stata per loro una esperienza traumatica, sia per i lutti, che per gli isolamenti, ma anche per la difficoltà o la fatica di comprendere quella che stava succedendo nel mondo e che così pesantemente condizionava la loro vita quotidiana. Ma poi questa consapevolezza è cresciuta e molti la stanno vivendo con pazienza e tenacia. La chiusura delle strutture ad accessi esterni e soprattutto ai familiari è stato un trauma pesante per molti di loro. Per questo,, seppur con la dovuta prudenza e con adeguati protocolli di sicurezza, dovremo riprendere le varie attività e stiamo lavorando per consentire le visite dei familiari, consapevoli che in questi mesi di isolamento, di restrizioni, di lontananza dei familiari , sono cresciuti i rischi di deperimento fisico e morale, di solitudine e di disorientamento dei nostri ospiti. Fenomeni che vogliamo e possiamo contrastare. La mancanza di contatto con i familiari (salvo le video chiamate garantite a tutti o le visite dall’esterno dai vetri delle strutture) e la sospensione delle attività di socializzazione, animazione o di uscite all’esterno, ha sicuramente avuto pesanti effetti negativi sullo stato di salute degli ospiti, sulla loro capacità di reagire. L’azienda deve comunque continuare a garantire il mantenimento delle altre attività (di assistenza, sanitarie o di animazione) senza più poter contare sull’apporto che ci davano i parenti o i volontari o quelle associazioni o singoli che svolgevano attività. Si pensi al parrucchiere - oggi provvedono OSS e animatori a fare tinte, taglio capelli e permanenti - alla musicoterapia o alla presenza di altri professionisti di attività di socializzazione, o a volontari singoli o di AVO. L’attività delle video chiamate non può avvenire a scapito delle attività di animazione e stimolazione cognitiva, così importanti per prevenire e combattere apatia, assenza di stimolazioni cognitive o il “lasciarsi andare” degli anziani causa isolamento e riduzione dei contatti e relazioni sociali. Nell’ambito del confronto promosso dalla CTSS con i soggetti gestori nelle scorse settimane si sono studiate soluzioni che possano essere attivate per consentire la ripresa delle visite qualora si confermasse il divieto del DPCM. Valutando di effettuare visite in locali totalmente separati dal resto della struttura, da utilizzare – previa validazione USL – allo scopo, escludendo quelle che prevedono attraversamenti di spazi interni alle strutture, Sia prima che dopo la sospensione delle visite, sono state consentite le visite dall’esterno attraverso i vetri chiusi a piano terra, dove si affacciano, in alcune strutture, le stanze o i saloni, oppure tramite l’accesso da scale di sicurezza, sempre rigorosamente senza ingresso in struttura, per i piani superiori; spesso questa attività richiede però un carico aggiuntivo di mobilizzazione dell’ospite, specie se allettato, dalla propria stanza ai locali o corridoi forniti di vetrate. Altre attività sono state garantite, con l’attivazione di video conferenze con parenti per condividere informazioni e aspettative, con la trasmissione a parenti di video, foto dell’ospite o di momenti di vita quotidiana interna, sono in fase di studio e allestimento le possibilità di collegamento da remoto tra esterno (parenti) e locali comuni (ospiti) in ogni struttura per consentire ai parenti di vedere in diretta quello che avviene in alcuni momenti di attività, con possibilità di attivare collegamenti da remoto anche con soggetti esterni che erano soliti svolgere in presenza attività di supporto all’animazione (ad es musicoterapia, attori, volontari). Una soluzione che potrà essere utilizzata anche per svolgere da remoto riunioni di equipe e confronti con la struttura centrale dell’ASP Il progetto principale allo studio, d’intesa con il Comune di Reggio Emilia, FCR e Ordine degli Architetti, riguarda la realizzazione del progetto “Tra le tue braccia” per realizzare in ogni CRA le cosiddette “stanze degli abbracci” in cui una separazione con una divisoria in materiale plastico o un telomorbido di una particolare plastica avvolgente consente a ospite e parente il contatto fisico protetto senza trasmissione di droplet. Ciò avverrà locali totalmente isolati dal resto delle strutture e con accesso autonomo e indipendente dall’esterno per i parenti e dall’interno per gli ospiti. L’obiettivo comune è che tale progetto sia un progetto della città e non solo di ASP, con concorsi esterni di raccolta fondi e di proposte tecnico progettuali e con il sostegno di donazioni e sponsorizzazioni tramite il fondo di mutuo soccorso del Comune.

 

Tornando al disegno di riforma delle politiche di assistenza agli anziani, il presidente della Commissione Ministeriale, mons. Paglia ha auspicato che “l’Italia, paese tra i più longevi ed anziani del mondo, possa mostrare un nuovo modello di assistenza sanitaria e sociale che aiuti gli anziani a vivere nelle loro case, nel loro habitat, nel tessuto famigliare e sociale”. Cosa ne pensa?

Sarà sicuramente rafforzata l’attività volta a promuovere la domiciliarità ed il cohousing e l’ASP si candida a misurarsi di nuovo su questi scenari, dopo che nel 2008 ha dovuto esternalizzare e poi rinunciare alla gestione dell’assistenza domiciliare. Vi è oggi una frammentazione dei soggetti gestori pubblici e privati, che andrebbe significativamente ridotta, e una separazione dei vari segmenti della filiera dei servizi. Bisogna riuscire a ricomporre il tutto sulla base della logica della presa in carico della persona e della famiglia, offrendo loro risposte differenziate ed appropriate, a seconda dei bisogni specifici e di quel momento di vita, sapendolo adattare e mutar, specie e quando cambiano le condizioni di non autosufficienza dell’anziano. In una Regione come la nostra questo ruolo di presa in carico è esercitato dai servizi sociali dei Comuni. Non è così in tutta Italia. Ma anche per i singoli soggetti gestori si pone la necessità di poter offrire o garantire l’intera filiera dei servizi. Come ho già detto delle Case Residenza o delle RSA ce ne sarà sempre bisogno, specialmente per quelle persone che non possono più essere gestite in un contesto familiare. Chi afferma il contrario non conosce gli utenti dei nostri servizi e finisce per condannare le famiglie che li hanno in carico a sofferenze e privazioni incredibili e alle quali non si può offrire solo un caritatevole conforto psicologico mentre si sobbarcano fatiche inumane. In ogni caso il sostegno alla domiciliarità non può essere solo una scelta di mantenimento dell’anziano in famiglia, per ridurre la pressione sui servizi pubblici e privati accreditati, ma deve garantire l’appropriatezza delle risposte sul piano professionale e della qualità di vita, affinché l’anziano, insieme a chi lo assiste, possa vivere in un contesto abitativo denso, il più possibile, di relazioni sociali e sostegni tecnico professionali in caso di difficoltà. Nessuna famiglia, che non abbia potuto accedere ai servizi residenziali e semiresidenziali, deve essere lasciata sola a gestire i percorsi assistenziali. Non ci può essere qualità se un anziano affetto da demenza è affidato ad una assistente familiare che, pur sapendo eseguire attività rivolte all’igiene personale, all’ alimentazione, o a interventi infermieristici di base, nulla sa di queste patologie, oppure se un ragazzo disabile, o una persona anziana non autosufficiente nella mobilizzazione vivono in una casa con barriere architettoniche e senza ascensore e finiscono per rimanere di fatto prigionieri nella propria abitazione, senza alcuna relazione sociale e senza stimoli che ne mantengano le capacità residue. In Italia la scelta della domiciliarità è stata di fatto una scelta privata, pagata dalle famiglie, spesso lasciate sole nel trovare una soluzione. Siamo il paese che ha affrontato questo problema principalmente con la soluzione del “badantato”, che ha i suoi pregi, ma spesso non è la soluzione più efficace e appropriata. Occorre puntare, viceversa, su una diffusa responsabilizzazione delle persone, stimolandone la ricerca di soluzioni progettate da loro e insieme a loro, con lungimiranza e con quel forte senso di civismo che ha animato la nostra comunità in altre epoche e ne ha consentito la crescita e l’elevato benessere di cui possiamo vantarci. Questo significa immaginare che non sia sempre e solo il servizio pubblico quello che deve dare le risposte e strutturare e finanziare i servizi. Il pubblico deve aiutare e sostenere le persone nelle scelte responsabili e auto organizzate che esse si riescono a dare, orientandole e creando il contesto favorevole a nuove politiche della domiciliarità basate sulla qualità e il protagonismo attivo della popolazione. Possiamo imparare molto dalle esperienze più avanzate in questo campo presenti in altri paesi europei, comprese quelle forme di convivenza in quartieri che siano dotati di alloggi per gli anziani o disabili (adatti ad accogliere persone sole o conviventi, in condizione di parziale autosufficienza, dotati di quelle soluzioni che ne consentono l’assistenza al bisogno con formule di teleassistenza, o di controllo e autonomia, consentite dalle migliori soluzioni attivabili con la domotica) che siano inseriti in un contesto urbano di servizi di sostegno diffusi, in cui sia possibile sperimentare anche forme di “cohousing” (abitazioni indipendenti con servizi e attività in comune). Nel nostro contesto possiamo pensare di andare oltre la pur positiva esperienza degli appartamenti protetti, che noi già gestiamo, allargati anche ai nuovi alloggi di Ospizio nella palazzina “Gerra. Penso poi alle attività di tutoring che la nostra ASP da alcuni anni sta offrendo, con interventi gratuiti, di supporto e assistenza, breve ma mirata, alle famiglie che cercano di mantenere a domicilio i propri anziani, fornendo loro le conoscenze tecniche e le valutazioni e i consigli sulla natura degli interventi da attuare (o verificando l’adeguatezza dell’alloggio, degli spazi o degli ausili). Allo stesso modo sosteniamo l’esperienza e supportiamo il travaglio, anche psicologico, delle famiglie con familiari affetti da demenza, non solo nelle strutture di accoglienza temporanea (un nucleo speciale residenziale o un centro diurno dedicato) ma anche con la rete dei caffè Alzheimer realizzata in collaborazione con AUSL e AIMA. La domiciliarità può essere sostenuta anche con esperienze o progetti di portierato socialesvolto non soltanto da personale assistenziale ma anche da giovani coppie o studenti, secondo i principi del mutuo aiuto e di “uno scambio” di impegni sociali (ad esempio con sconti sugli affitti a chi esercita tali funzioni o servizi. In questo quadro, non va esclusa la possibilità di favorire, da parte del pubblico, soluzioni che prevedano forme di permuta, anche temporanea, tra il proprio alloggio in proprietà (conquistato, o costruito con i sacrifici di una vita o destinato a essere dato in eredità a figli e nipoti) e un alloggio con le caratteristiche prima descritte, che consentirebbe di vivere la disabilità, o la vecchiaia con sicurezza, forti relazioni amicali e sociali e qualità della vita. Ecco allora che le politiche sociali si devono integrare con le politiche territoriali in senso ampio e con quelle urbanistiche in primo luogo. L’appropriatezza della risposta deve essere l’elemento distintivo di ogni soluzione di assistenza dell’anziano a domicilio; non ci serve una domiciliarità senza qualità. Infine un disegno di riforma come quello delineato avrebbe bisogno di ingenti risorse, anche con fondi europei dei quali si discute in queste settimane, e di una nuova visione dei servizi passando da un approccio, tutto italiano, basato sull’erogazione monetaria (a partire dalle indennità di accompagnamento o invalidità) a quello in cui è centrale diventano la cultura, la qualità e la struttura dei servizi che rendono efficaci gli interventi e le politiche.

 

Covid: resilienza dei cittadini

La Resilienza dei cittadini messa a dura prova

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Resilienza, diventato ultimamente di uso comune, rubato alla meccanica, in quanto, è la prova che determina l’energia necessaria per rompere in un sol colpo il provino di un materiale in esame, (Charpy).

 

Si inneggia alla Resilienza, in modo generico, forse conoscendo, o cercando scusanti per evitare che quel punto di rottura, già presente nella società, dopo un anno di Covid, si possa ancora tamponare in modo sporadico, senza una programmazione, che prenda atto dello stato dell’arte, non più modificabile, ed in tanti settori della nostra società, la rottura è già avvenuta, o è molto vicina.

Ma in questi giorni, purtroppo, la nostra politica ha messo a dura prova la Resilienza di noi cittadini, ricorrendo ad antichi giochini di palazzo, che speravamo sopiti dalla Pandemia, ma che ritornano prepotentemente alla ribalta, erano probabilmente solo mimetizzati.

 

E’come un conto alla rovescia, che quando finisce occorre pigiare un bottone e fare partire qualcosa, bene con l’inizio 2021, ci pareva finito quel conto, pensavamo di pigiare il bottone per fare ripartire/partire una nuova stagione di provvedimenti su larga scala indispensabili al Ns paese, per essere ricostruito, dalla scuola, alla sanità, al lavoro, alle infrastrutture, ecc…

 

Hanno invece pigiato il bottone, per bloccare il lancio, assistiamo ai “reality show” delle dichiarazioni, dove ognuno incolpa l’altro, ed onestamente non si capisce, se questo gioco, fatto sulla pelle dei cittadini, è preparato, voluto, fatto nel preciso momento, dove una piccola luce inizia a vedersi in fondo al tunnel, e si deve ritornare a parlare in prospettiva, della vita e del vivere in “Comunità” in senso lato.

 

I cittadini, che giustamente ritengono, che tutti i provvedimenti presi a tamponare, debbono necessariamente essere sostituiti da quelli di programma a medio e lungo termine, è probabile, non è auspicabile, che arrivino a metabolizzare il colpo finale del punto di rottura, e che la Resilienza abbia termine, e dopo, quali saranno gli scenari che si apriranno???.

 

Vorremmo prendere ad esempio la campagna vaccinale, partita il 27 Dicembre, e giornalmente già si scatenano polemiche sui mezzi di comunicazione su presunti o reali ritardi, ma se il vero “V-Day” viene oggi indicato per fine Settembre, dove speriamo sarà raggiunto un numero di vaccini tale da ridurre in modo drastico le persone contagiate, credo che questo dovrà essere il giorno del ritorno ad una normalità accettabile, auspicata da tutti i cittadini.

 

Quindi, da quel “V-day” dovranno essere pronti, programmati, tutti i provvedimenti, le strutture, indispensabili per la ripresa del paese, è il punto della ripartenza, non di arrivo.

Ora con quali prospettive, come comuni cittadini, dobbiamo vedere se quel giorno ci sarà veramente, rifacciamo un nuovo conto alla rovescia, e poi vedremo come si presenterà il bottone da spingere ???.

 

Avremo, o meglio, la politica, sarà capace di strutturare i vari settori del paese per essere pronti al ritorno di una vita quasi normale, e potere ripensare, utilizzando tutte le risorse disponibili, ad una ripresa sociale ed economica???

 

Abbiamo notato, in tanti anni, che la Resilienza della politica è superiore al punto di rottura meccanico che la parola indica, e che nelle sue tante capacità di sopravvivenza riesce sempre ad evitarlo, ma attenzione anche il metallo si usura, e prima o poi si rompe.

 

Le parole di Papa Francesco, “Nessuno si salva da solo” devono essere monito e capacità di capire, già ribadito in passato, che è il cittadino che indica chi deve sedersi al tavolo politico che conta, non il politico, quindi da quel tavolo, chi ci rappresenta, deve lavorare, nel giusto rispetto delle diversità di opinione, ma con un solo obiettivo, “Il bene Comune”.

 

Ci sarebbe molto gradito, proprio in virtù di quanto espresso prima, vedere la “dignità della politica” esprimere senza urla, commenti da bar, le proprie idee e confrontarsi sui programmi, dare ogni tanto l’esempio, che la scelta dei cittadini, non si è persa nel vuoto, e serve per costruire, meglio ricostruire.

 

Ci auguriamo, la veloce conclusione, con il senso di responsabilità indispensabile, della crisi politica in corso, per non buttare, e vanificare i sacrifici fatti con coesione sociale dai cittadini in questo anno di pandemia.

 

Crediamo, al riguardo, e forse ne è una conferma, il discorso del Presidente Biden, nel giorno del Suo insediamento, ha toccato molti dei temi che da parte nostra, senza pretendere di competere, abbiamo cercato di esporre nelle nostre riflessioni.

 

La resilienza, ha un punto di rottura, non dimentichiamolo, non resiste all’infinito, speriamo di essere ascoltati.

 

Luigi Davoli
Presidente

Giuliano Parmiggiani
Coordinatore

2021 - l'anno che verrà

L’ANNO CHE VERRA’

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2021, riflessione del CUPLA sull'"anno che verrà"

 

Ci eravamo lasciati a Dicembre 2020, con una riflessione sulla parola “Comunità” ci ritroviamo ad inizio 2021 con un’altra riflessione, forse più enigmatica e preoccupante, di come si presenta il 2021.

 

E’ una riflessione che si basa su alcuni fondamentali principi, perché la nostra generazione, ha vissuto altre situazioni tragiche, dal primo dopoguerra con la ricostruzione del nostro paese, comprese altre pandemie ed alcune crisi economiche e sociali, non di poco conto.

Nel 2020 è arrivato il “Covid” che ha profondamente modificato il nostro modo di vivere, sul lavoro, sul sociale, sotto tutti gli aspetti, con una previsione ad oggi molto nebulosa.

 

Non siamo capaci, almeno noi, di vedere in modo chiaro una fine, o almeno un’idea di programmazione generale, che sia una linea guida, partendo dallo stato di fatto, oramai consolidato nel corso del 2020.

 

Ci preoccupa molto questa situazione di incertezza, viviamo giornalmente di provvedimenti estemporanei, discutiamo sulla volontarietà futura del vaccinarsi, quando ancora siamo agli inizi del programma, con idee alquanto confuse, e crediamo che la capacità dei singoli riesca culturalmente a capire che il non vaccinarsi, è una vittoria di Pirro per se stessi, ma un grande errore verso la “Comunità” di cui facciamo parte, verso la quale, certamente rivendichiamo dei diritti, ma abbiamo anche dei doveri.


Questo atteggiamento, crediamo sia la logica conseguenza della poca cultura di civiltà e del vivere comune che la nostra scuola per almeno due generazioni, si è un po’ dimenticata di insegnare, e qui la politica, qualche mea culpa lo deve fare.

Nel vivere comune, non deve esistere uno sconfitto o un vincitore, ma tutti debbono partecipare alla soluzione del problema nel modo migliore, e questa pandemia, non è uno scherzo, lo abbiamo toccato con mano, brucia ancora.

Perciò rinnoviamo il nostro appello alla politica, che nel rispetto delle indicazioni scientifiche, provveda in tempi brevissimi, a mettere in atto sinergie comuni, indicazioni programmatiche, comportamentali, sul medio e lungo periodo che tolgano l’incertezza che oggi viviamo.

Certamente, non è compito facile, ed a maggior ragione, si deve avere il coraggio, lo abbiamo detto anche in altre occasioni, di prendere anche iniziative/provvedimenti impopolari se servono a rimediare alla situazione del momento ma devono essere rivolti in prospettiva per un domani migliore.

Ci permettiamo di ricordare, che non si tornerà come prima, che il sistema lavorativo e sociale, subirà cambiamenti epocali, ci saranno trasformazioni, alcune già in atto, che cambieranno il sistema di vita al quale eravamo abituati prima del 2020.

Ci sarà, sotto un certo aspetto, un ritorno al passato, con l’esigenza di più socialità in senso lato, non di facciata, dove si dovranno ritrovare modi di convivenza, di servizi diversi, di lavoro, che forse avevamo dimenticato.

In particolare tra i giovani, dove l’aggregazione ridiventerà un modo d’incontro culturale, e non di sporadiche ed occasionali modalità di ritrovarsi nel cercare di dimenticare i propri doveri del vivere comune.

Ecco, la cultura, parola che racchiude tutto, la scuola dalla prima infanzia in avanti, la famiglia, il sociale, e la politica, che in primis deve avere ed essere preparata culturalmente, per dare a propri cittadini delle regole, farle rispettare, dare i servizi che servono per tutte le stagioni di età, finirla con provvedimenti per il consenso del momento, non serve più, lo ribadiamo di nuovo.

Nella speranza di trovare ascolto, nelle varie istituzioni, ed essere partecipi, come abbiamo già ribadito, in un tavolo comune in grado di ascoltare, di programmare e di provvedere con decisioni rapide, veloci e consoni alla problematiche in primis della Ns categoria, ma certamente collegate alla vita sociale comune in senso lato.

 

Nell’occasione, a tutti un Buon inizio anno 2021.

Luigi Davoli

Presidente

Giuliano Parmiggiani

Coordinatore

Il Resto del Carlino

 
Domenica 10 gennaio 2021
 
IL RESTO DEL CARLINO
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Gazzetta di Reggio

 
Domenica 10 gennaio 2021
 
Gazzetta
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L'arte in vetrina

L’ARTE IN VETRINA

CulturaNews

35 vetrine riempite di oltre 50 opere d’arte
in venti giorni a Reggio Emilia
 

Un percorso nel centro storico alla scoperta di luoghi, arti e artisti.

 

Ci piace segnalare questa bella iniziativa che cerca di animare un Natale che stiamo tutti vivendo con preoccupazione e prendere l’occasione di augurare buone feste a tutti.

 


"L’ARTE IN VETRINA"

 

Era metà novembre.

 

L’amore per la città e la constatazione delle troppe vetrine vuote ha animato questa idea. Così Anna Baldi, Roberta Notari e Laura Sassi dell’Associazione ‘Mestieri d’Arte’, davanti a un caffè, decidono di far partire questo progetto.

 

“Ci siamo guardate negli occhi, avevamo esattamente lo stesso desiderio, sentivamo la stessa energia”, dice Anna Baldi, “e ci siamo subito sparpagliate nelle vie della città ricercando ed elencando quegli spazi chiusi, vuoti, che chiedevano con forza di essere nuovamente abitati”.
E l’arte riempirà questi spazi rimasti vuoti. Così è stato.

Sono state coinvolte sei associazioni attive nell’ambito dell’arte e in venti giorni 35 vetrine si sono riempite di oltre 50 opere d’arte.

 

Le Associazioni coinvolte sono:

ArtYou, Atelier Viaduegobbitre, FlagNoFlags, Mestieri d’Arte, Via Roma Zero, Zenone Contemporanea.

 

Mappa Arte in vetrina
Un percorso attraverso le vie del centro storico

Guarda dove ammirare

le opere d'arte in vetrina


qui di fianco trovi la mappa di tutti gli spazi che hanno aderito all'iniziativa.

Case di riposo - Comunità

Riflessione del Cupla sul senso della parola “COMUNITA”

News

Siamo soli e ora paghiamo il conto

 

Abbiamo fatto, come Cupla, in questi giorni una riflessione, sulla parola “Comunità” che ci pare stia diventando il nuovo, per affrontare gli stessi argomenti, e questo mi preoccupa, perché non vorrei che per spiegare cosa si intende con questo termine, si teorizzi, di nuovo, sui temi, sulle problematiche e sulle necessità che già esistono e che fanno parte del nostro quotidiano.

Quindi, non perdiamo ancora tempo, su tavoli con discussioni teoriche, dimenticando che oggi dobbiamo essere pratici e capaci di soluzioni urgenti, la “Comunità” ne ha bisogno.

 

Nei primi mesi dell’anno, a seguito dell’appello del Vescovo in tanti si sono detti interessati a “Reggio Futura” compresi noi, ma ad oggi quel tavolo è ancora lontano, si sono un po’ perse le tracce.

 

La Comunità, credo, sia sempre esistita, lo è il nostro pianeta Terra, a cascata lo sono le Confederazioni degli Stati, i singoli Stati, le Regioni, le Provincie, i Comuni, i Quartieri, i Condomini, le Famiglie; ed ogni singolo individuo, che a salire, è parte integrante di tutte queste comunità.

Ma, nostra opinione, noi singoli, abbiamo perso il senso di Comunità, credendo che l’arrangiarsi singolarmente abbia sempre portato i risultati migliori, come aspettativa lavorativa, sanitaria, sociale, ed ognuno si è convinto di potere risolvere da solo ogni problema.

La politica in primis, su questo è stata trainante, ha ricercato coi provvedimenti il consenso del momento, lasciando tanti problemi irrisolti a chi veniva dopo, poche volte abbiamo assistito a programmazioni degne di questo nome e portate a termine.

 

In questo anno, complice il Covid-19, ci siamo accorti che quella “Comunità”, nella quale ci siamo districati per il singolo risultato, oggi presenta il conto, e ci trova impreparati, siamo soli, come abbiamo scelto di essere, e quindi senza guida.

Siamo impreparati a livello sociale, sanitario, culturale, scolastico, dove salvo qualche accorgimento locale, si riflette sul nostro quotidiano, ci sentiamo spaesati, veniamo ogni giorno informati su tanti provvedimenti, certo necessari, ma a volte contraddittori, tutti destinati alla soluzione del bisogno momentaneo.

 

Possiamo quindi, non più identificare la necessità di cambiamento come “Reggio Futura” e chiamiamola se vogliamo anche “Comunità Futura” ma è il momento di passare all’azione.

 

Il coordinamento del Cupla, come tutte le altre associazioni è parte della “Comunita” e chiediamo alle istituzioni di essere ascoltati, non in ordine sparso come spesso avviene, ma in un unico tavolo, dove ognuno porti il proprio contributo, e le istituzioni pensino al riassunto ed alle decisioni concrete e possibili, finalizzati ad una programmazione effettiva e certa nei tempi, meno burocrazia, più concretezza e celerità.

 

Luigi Davoli                                                                                     Giuliano Parmiggiani

Presidente                                                                                              Coordinatore

Prima pagina - Resto del Carlino

Rassegna stampa

 

Mercoledì 9 dicembre,

eravamo sul Resto del Carlino di Reggio

 

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